Guidare un’auto iconica come la Austin Mini, per quanto piccola, semplice e non velocissima, è sempre un divertimento per un appassionato, farlo durante una giornata dedicata appunto solo al piacere di guida, in compagnia degli amici di Car-Shooters, lo è stato ancora di più. Per catturare gli scatti migliori e vedere la Mini in azione abbiamo percorso insieme svariati chilometri, su e giù per le colline alle porte di Firenze.
La Mini di cui ho l’occasione di parlare è sicuramente abituata a macinare chilometri, uscendo infatti almeno due week end al mese, anche solo per una passeggiata e non disdegnando i raduni (nel 2015 ha anche partecipato al Col de Turini Tour ed al British Day by TF Passion). Questa piccola macchina sta vivendo una seconda giovinezza, giunta dopo anni di riposo. Un riposo forzato, che aveva lasciato però una patina triste ed un aspetto dimesso.
Il momento della rinascita è arrivato nel 2012, quando il carissimo amico Pablo, dopo avermi sentito per anni decantare le doti delle auto inglesi, ha preso la decisione di portarla a casa ed affrontare il restauro. Lavoro che abbiamo portato avanti insieme fin dall’inizio, così da unire le esperienze e le capacità individuali e in modo da accelerare le prime fasi. Tutto è iniziato con lo smontaggio totale degli interni e della meccanica e subito è stato chiaro che si sarebbe trattato di un ripristino non fedele alla configurazione originale, non di un vero e proprio restauro.
La decisione è stata presa serenamente in quanto, non trattandosi di una versione Cooper, non sarebbe stato sacrilego cambiarne aspetto e caratteristiche e la tentazione di aumentarne l’aggressività era davvero irrefrenabile. In fondo la Mini è sempre stata oggetto di personalizzazioni, fin da subito, sia nella natia Inghilterra che nel resto del mondo. La scocca nuda è stata così inviata in carrozzeria e subito si è presentato il dilemma della scelta del colore. Dilemma poi risolto lasciando da parte la sobrietà ed andando a scegliere fra colori vistosi e non originali (nello specifico si è passati dal suo “Silver Leaf Metallic” al “Verde Mela” Piaggio, c’è da dire comunque che il verde “Apple Jack” Mini non era molto dissimile).
Definita quindi la livrea esterna, che prevede anche particolari neri, come le bonnet stripes ed il cosiddetto “Sport Pack” (composto da parafanghi aggiuntivi, 4 faretti ausiliari anteriori, cerchi in lega con disegno Minilite e pneumatici maggiorati) gli interni sono venuti un po’ di conseguenza: l’essenzialità della pelle nera, scelta per i nuovi rivestimenti, è stata vivacizzata con impunture verde mela. A questa sfrontatezza estetica bisognava allora abbinare meccanica e ciclistica un po’ più adeguate, provvedendo subito ad allargare le carreggiate ed a dotare l’impianto frenante di dischi anteriori.
Il puzzle si stava quindi componendo e nel frattempo venivano approntati motore e cambio, smontandoli completamente e revisionandoli. Il propulsore è stato migliorato grazie al kit “Stage One”, composto da collettore di aspirazione, scarico (dai collettori al finale), carburatore maggiorato (da 45 mm, ovvero 1″3/4 per dirla in stile British) e filtro aria a cono. Una volta rimontato tutto l’insieme, la messa in strada, dopo circa due anni di lavori, è stata emozionante ed, allo stesso tempo, un po’ stressante…per gli imprevisti che si presentavano.
Una volta affinato il tutto si sono subito potute apprezzare le grandi qualità dinamiche di Mini e immediatamente si è potuto mettere a fuoco come questa piccola ed a suo tempo rivoluzionaria macchina avesse potuto raccogliere così tanti successi sportivi. Agile, scattante, ben piantata a terra e con un comportamento veramente neutro. Una trazione anteriore che sottosterza poco o niente e che, una volta inserita in curva, segue fedelmente la traiettoria. Lo sterzo diretto restituisce un gran feeling, i freni…frenano, ma richiedono qualche attenzione. Non tanto per gli spazi d’arresto, tutto sommato accettabili, quanto per i bloccaggi spesso in agguato.
Anche il giorno in cui sono stati realizzate le foto che potete vedere qui è stato inevitabile rimanere stregati dall’aggressività con cui l’auto affronta le strade tortuose, sia su asfalto asciutto che bagnato, anche se, su fondo sconnesso, la schiena rimpiange altri modelli di macchina, più comodi e rifiniti. La sosta ristoratrice ha permesso comunque di far dimenticare subito questo piccolo particolare e ci ha permesso di apprezzare la bellezza del Castello del Trebbio.
Un luogo non solo appagante per gli occhi, ma anche ricco di storia e di fascino, sia appunto per la propria bellezza oggettiva che per l’aura che lo avvolge: avendo avuto come proprietari più famosi la famiglia dei Pazzi, la leggenda narra che nelle sue stanze fosse stata ordita l’omonima congiura, con la quale si tentò di rovesciare il potere dei Medici su Firenze, nel 1478. Un ringraziamento particolare va ai gestori ed al personale del Ristorante La Sosta del Gusto, che ci hanno accolti con estrema gentilezza ed hanno assecondato le richieste necessarie a creare il set migliore per immortalare la Mini, il castello ed i paesaggi. Una giornata meteorologicamente un po’ grigia, rallegrata dal verde sgargiante e dall’aspetto sbarazzino di un grande classico del motorismo inglese, abbinati all’intramontabile bellezza dell’architettura italiana e delle colline toscane.
Testo: Gianluca Torini
Foto: Edoardo Mascalchi, Marco Dellisanti
Video: Marco Dellisanti