In una vettura, potenza, coppia e maneggevolezza sono elementi indispensabili per definire le sue caratteristiche, che siano sportive o confortevoli. Per poter gestire questo insieme, è importante avere a disposizione un elemento grazie al quale è possibile gestire la dinamica della vettura in base alle condizioni del percorso ed alle esigenze del pilota. Ed è il freno che consente al guidatore di regolare la velocità e il trasferimento di carico della vettura. Sono stati compiuti importanti studi di ricerca e di sviluppo per progettare freni via via sempre più performanti. Al giorno d’oggi, i freni possono essere categorizzati in due gruppi:
- Freno a tamburo
- Freno a disco
Freno a tamburo
Il freno a tamburo è il primo freno adottato dalle vetture, prima che le velocità raggiunte da esse non abbiano richiesto lo sviluppo e l’adozione dei freni a disco. Facendo riferimento all’immagine a sinistra, il principio di funzionamento di questo tipo di freno si basa sull’azionamento di ganasce (6) su un tamburo rotante, solidale al mozzo (7). Le ganasce vengono azionate, ruotando attorno alle cerniere (4) contro il tamburo tramite il cilindretto attuatore (1). Sulle superfici delle ganasce rivolte verso il tamburo sono applicate delle guarnizioni di attrito che consentono il rallentamento del tamburo stesso. Dato che il funzionamento per attrito fra ganasce e tamburo comporta l’usura di entrambi i componenti, con conseguente aumento della corsa del cilindretto e quindi del pedale del freno, è opportuno regolare la posizione delle ganasce quando sono inattive tramite delle camme (9). Una volta terminata la fase di frenatura, le ganasce ritornano alla posizione di partenza tramite le molle di richiamo (5). L’attuatore, riportato nelle sue sezioni a destra, è costituito da due cilindretti (2) spinti contro le ganasce grazie alla pressione esercitata dall’olio entrante dal foro (3) ed uscente dal foro filettato (8). In caso di presenza di aria nell’olio, essa fuoriesce dal foro di spurgo (7). La molla (6) consente ai cilindretti di trovarsi sempre a contatto con le ganasce e di eliminare i giochi. (Di seguito un freno a tamburo e sezioni del suo cilindretto attuatore)
Per quale ragione, i freni a tamburo sono stati soppiantati dai freni a disco? Frenare la vettura lanciata ad alta velocità significa dissipare la sua energia cinetica in calore per attrito. Più veloce è la vettura, maggiori sono le temperature raggiunte dal freno. Se il freno non è adeguatamente raffreddato, come lo è quello a tamburo, il calore viene trasmesso all’olio del freno, causando il fenomeno del fading. Il fading è un fenomeno in cui parte dell’olio dei freni si evapora a causa delle alte temperature. A causa dell’evaporazione, si riduce la quantità dell’olio e, di conseguenza, la pressione trasmissibile sugli organi del freno. La riduzione di pressione può essere tale che l’intera corsa del pedale del freno non sia più sufficiente per l’arresto totale del veicolo. Al giorno d’oggi, vengono impiegati solo per le ruote posteriori, in quanto meno sollecitate in caso di frenata, oltre ad essere ben integrate con il sistema del freno di stazionamento o freno a mano.
Freno a disco
Con l’aumento delle prestazioni delle vetture, è stato reso necessario lo sviluppo e l’adozione del freno a disco, componente in grado di raffreddarsi per evitare il fenomeno del fading e di esercitare una forza di frenata paragonabile alle velocità elevate raggiunte. Il freno a disco in generale è costituito da un disco solidale alla ruota ed è caratterizzato da fori sulle superfici frenanti e da canalizzazioni all’interno del disco che hanno lo scopo di far circolare l’aria per raffreddare il disco. I fori sulle superfici frenanti hanno anche lo scopo di accrescere l’attrito fra il disco e le cosiddette pastiglie, accrescendo il potere frenante. Le pastiglie sono guarnizioni ad alto coefficiente d’attrito, che agiscono sul disco tramite uno o più cilindretti idraulici e sono supportati da apposite pinze. In base a come viene montata la pinza, si possono distinguere due tipi di freni a disco:
- A pinza fissa.
- A pinza flottante.
(Di seguito un freno a disco a pinza fissa e uno a pinza flottante)
Nel disco a pinza fissa, le pastiglie premono contro il disco freno tramite coppie di cilindretti contrapposti fra loro. I cilindretti, comandati da un stesso circuito idraulico, sono indipendenti gli uni dagli altri. Nel disco a pinza flottante, i pistoncini (4) si trovano solo da un lato della pinza. All’attivazione del freno, parte dell’olio preme sui pistoncini e parte, essendo incomprimibile, preme sul corpo della pinza (1) che, aiutato dalle guide di scorrimento (7), preme sull’altro lato del disco. In entrambi i casi, il pistoncino ritorna alla sua posizione a riposo tramite guarnizioni elastiche (3), precaricate radialmente. La pinza flottante ha il vantaggio rispetto alla pinza fissa di garantire un minor ingombro assiale ed è economico in quanto la sua costruzione richiede un minor numero di componenti. Ha però lo svantaggio di non garantire la stessa presa frenante su entrambi i lati del disco se le guide di scorrimento non sono ben protette dalla sporcizia e dalla corrosione, tale da rendere difficile od impedire il movimento del corpo della pinza.
Sui freni a disco, importante è la scelta dei materiali per il disco e per le pastiglie. Per il disco solitamente viene adottato la ghisa grigia, in quanto garantisce generalmente una buona resistenza meccanica e una buona capacità di dispersione di calore. Per prestazioni più durature, si può pensare all’acciaio zincato oppure all’acciaio inossidabile, il quale garantisce la piena efficacia già fin dalle prime frenate. Per le vetture sportive, vengono utilizzati dischi ceramici o carbo-ceramici, costosi, ma riducono maggiormente la possibilità dell’effetto fading, sono più resistenti, leggeri ed hanno un coefficiente d’attrito più alto dell’acciaio. Nelle competizioni, vengono usati i dischi al carbonio in quanto, oltre alla loro leggerezza, il coefficiente d’attrito aumenta all’aumentare della temperatura, diversamente dall’acciaio. I materiali per le pastiglie si suddividono in due gruppi: organici e sintetizzati. Il primo è composto da una resina organica come legante e da una parte fibrosa come rinforzo e può essere accompagnato da modificatori di attrito di origine metallica od ossida. Il secondo è caratterizzato da polveri metalliche compattate insieme grazie a processi di alta temperatura e pressione. Rispetto al materiale organico, garantisce un elevato potere frenante già al primo utilizzo, senza dover stabilizzare la pastiglia mediante rodaggio, e una maggiore durata.
Testo: Riccardo Casini
Foto: © Car-Shooters, Disegni: “L’Autotelaio-Progetto dei componenti”, di Giancarlo Genta e Lorenzo Morello, Ed. ATA